Ispirato alle immagini di creature mitologiche, ibride e chimeriche, Divine Beasts di MAŠA KOLAR / CORNELIA
Parco di Tor Fiscale, 20 giugno 2024
È sulle note del Bolero di Maurice Ravel (1928) che tre danzatori e una danzatrice appaiono da dietro gli archi dell’Acquedotto Felice del Parco di Tor Fiscale, scenografia di Attraversamenti Multipli, come creature mitologiche, metà umane e metà bestie (divine), come recita il titolo di questa performance presentata da Cornelia, compagnia di danza contemporanea fondata nel 2019 a Napoli da Nyko Piscopo, Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno e Francesco Russo.
Si manifestano nella penombra dei corpi seminudi che sembrano dipinti, vestiti di una seconda pelle di colore porpora, fatta di trasparenze e inserti di fili di lana intrecciati, come a voler ricreare delle code: sono i costumi realizzati dalla costumista Tiziana Barbaranelli, che subito colpiscono il nostro sguardo. Dei fauni che appaiono dallo sfondo per raggiungere un tappeto di velluto rosso, al centro della scena, sul quale danzano con movimenti concentrici, un meccanismo simile ad un orologio.
Ci ricordano degli animali: io e Ornella abbiamo visto dei cervi, che un po’ ci riportano alle Metamorfosi di Ovidio e al mito greco di Atteone che, durante una battuta di caccia, avendo sorpreso la bellissima dea Diana senza vesti, intenta a farsi un bagno, venne irrimediabilmente trasformato in un cervo. Questa trasformazione portò Atteone ad essere sbranato dai suoi stessi cani.
Fabian Negrin, nel silent book C’era una volta un cacciatore, edito da Orecchio Acerbo (2019) illustra e racconta con sole immagini un’altra versione dello stesso mito, sovvertendo anche lui la tradizione e fornendo un’ulteriore prospettiva sul tema dell’amore e su quello della metamorfosi.
“Cerva, cerva
tu cambi se ti si osserva.
Chi sei tu? Chi sono io?
Sei della foresta un dio?
Scocco una freccia nell’aria
ma sei preda immaginaria
e dall’arco delle tue corna
la saetta mi ritorna.
Sono l’animale ferito o un cacciatore pentito?
[ … ]
Cerva, cerva
nessuna forma si conserva”.
Elias, invece, non ha visto tanto dei cervi quanto dei serpenti e degli uccelli. La stessa opera musicale, d’altronde, è stata “sporcata” di suoni naturali, che hanno mischiato la tradizione con il contemporaneo. Elias ci manda su whatsapp un suo scritto, raccontando esattamente ciò che ha visto.
È proprio questa opposizione che gli stessi danzatori e la danzatrice ci hanno restituito, quando abbiamo chiesto loro perché ci fosse quella musica di sottofondo: manipolare la musica, sovvertire la tradizione, trasformare il noto, mutare ciò che conosciamo. Il sentimento del bizzarro e dello straniamento, infatti, è quello che predomina e più di tutti ci muove qualcosa dentro. Chi sono queste creature? Da dove vengono? Sono queste le prime domande che condividiamo con Elias e Ornella quando ci confrontiamo prima di parlare con la compagnia.
Rispondiamo che forse vengono dalla terra, oppure da quel morbido tappeto rosso – in effetti i loro costumi lo richiamano molto – o semplicemente hanno da sempre fatto parte di quel paesaggio e siamo stati noi, pubblico, a manifestarci a loro.
Il tappeto rosso, invece, è simbolo di fissità, ci racconta la compagnia: si rifà alla tradizione dei balletti russi, di quel fare artigianale nel quale tutte le figure professionali che componevano il teatro si mettevano insieme per creare qualcosa: costumisti, scenografi e i contributi di tutti gli artisti e le artiste.
Il tappeto rosso, cucito a mano dalla compagnia, rappresenta proprio questo: una mescolanza e un patchwork di tanti pezzi messi insieme. “Danzare su quel tappeto è danzare sulla tradizione”, ci dice uno dei danzatori.
Pensiamo allora alle opere di Picasso, alla Parade (1917), la grande tenda dipinta dall’artista spagnolo a Roma per il celebre balletto russo di Djagilev, con i suoi drappi rossi e la moltitudine di personaggi bizzarri, oppure al costume per l’acrobata, un bozzetto di una figura umana che indossa una tuta che ricorda un cielo stellato.
Gli artisti e le artiste ci raccontano ancora quanto sia importante in questa performance la relazione che c’è con il tappeto che, pur essendo un elemento permanente, è in continua trasformazione al mutare dei movimenti dei danzatori e della danzatrice. Loro cambiano e cambia anche il tappeto, assumono delle sembianze di animali, diventano colore acquerellato che si muove in un caos apparente ma in verità molto definito.
E noi, siamo in grado di danzare nel cambiamento e nella trasformazione?
Federica Mezza, Elias Khan, Ornella M.
Dopo aver visto:
Coreografia / Maša Kolar
Dramaturg / Maja Marjančić
Danzatori / Manuela Facelgi, Nicolas Grimaldi Capitello, Leopoldo Guadagno, Francesco Russo
Costume designer / Tiziana Barbaranelli
Light Designer / Jan Čief
Scenografia / Cosimo De Luca
Musica / Maurice Ravel
Elaborazione musicale elettroacustica / Višeslav Laboš
Produzione / Cornelia
Co-produzione / Teatro Comunale Città di Vicenza
Supporto / Divadlo Studio Tanca