Fidati di me. Sulla corda tra artista e pubblico con Mistral

Intervista collettiva della redazione a Mauricio Villarroel, in arte Mistral, performer di circo contemporaneo

«Buona serata a tutti, e mi raccomando, state uniti!»

foto Carolina Farina

Con queste parole Mauricio Villarroel in arte Mistral saluta il giovanissimo pubblico di Largo Spartaco, terminato lo spettacolo Fidati di me.

Gli applausi sembrano non voler finire, così come i sorrisi meravigliati dei bambini che circondano l’acrobata cileno. Io Ali e Luca ci troviamo, insieme ad altri cinque spettatori, a battere le mani in scena con ancora addosso dei giubbotti catarifrangenti, pochi passi dietro Mistral, che poi si fa da parte chiedendo al pubblico di dedicare un applauso anche ai suoi “fantastici volontari!”. Un po’ imbarazzati e un po’ divertiti dalla situazione, ci godiamo anche noi il nostro piccolo momento di gloria.

Ci togliamo i giubbotti, e tutto di nuovo torna normale. Rimane soltanto Mistral al centro della piazza intento a smontare il suo palo, sul quale fino a poco fa ha dato vita a delle mirabolanti acrobazie. Senza di noi però – possiamo dirlo davvero – non ce l’avrebbe mai fatta!
Per la realizzazione del suo numero l’artista ha chiesto ad ognuno dei volontari di reggere per tutto il tempo ognuna delle quattro corde da cui dipendeva l’equilibrio del palo. Disposti a coppie ai quattro angoli della piazza, abbiamo accettato la sfida e non ci siamo tirati indietro – tranne quando la nostra corda non era abbastanza tesa, lì sì che dovevamo indietreggiare.
Certo però ce la siamo dovuta sudare quella pettorina catarifrangente, superando una durissima selezione che ci ha costretti a esibirci di fronte al pubblico con balletti sensuali e altre imbarazzanti performance. Prima di potersi fidare e mettere la sua vita nelle nostre mani, Mistral voleva testare la nostra totale mancanza di serietà e affidabilità. Obiettivo raggiunto, con tutto il pubblico testimone.

La riuscita di uno spettacolo come questo non dipende solo dalla forza o bravura dei volontari che tengono la corda, e quindi dalla totale riuscita tecnica del numero, ma più dalla relazione e dal rapporto di fiducia che con simpatia e leggerezza si va ad instaurare col pubblico. Giusto?

foto Carolina Farina

Mistral: Giustissimo! La mia idea era proprio quella di creare uno spettacolo a cui non mancasse nulla, e i numeri circensi da soli non bastano. Ho bisogno di tutti gli ingredienti per fare un buon piatto succulento, che piaccia a tutte le persone. E col tempo ho imparato che la gente si diverte di più quando ci sono tante varianti all’interno del tuo spettacolo, quando non è tutto già definito ma un sacco di dinamiche vengono continuamente rimescolate e messe in gioco. Sono tanti quelli che dopo gli applausi mi si avvicinano e mi dicono: «Guarda come acrobata sei fortissimo, ma la tua vera specialità è la simpatia!». Quella per me è una gran vittoria. Ci vuole altro oltre la capacità tecnica. Come il coraggio di trasmettere tutte le emozioni del momento al pubblico che ti sta davanti. E tutto questo mi aiuta a fare il mio numero: mi trasmette grinta, adrenalina e voglia di regalare al pubblico le mie acrobazie. C’è un rapporto di fiducia non solo tra me e i volontari, responsabili del mio equilibrio sul palo, ma anche e soprattutto fra me e il pubblico, che dopo quasi un’ora di risate si aspetta un gran bel numero di circo. A me piace salire sul palo solo se prima c’è stata questa fortissima condivisione di emozioni ed energie, che possono anche essere diverse le une dalle altre, e proprio lì sta il bello. Niente è scontato.

Prity Naher: Come si chiama questa tecnica di acrobazie con il palo e perché hai scelto questa?

Mistral: Si chiama palo cinese; cercando di costruire uno spettacolo che puntasse a generare questo meccanismo interattivo ed essendo acrobata da una vita, è stato il primo collegamento e la prima cosa a cui ho pensato.

foto Carolina Farina

Chiara Cecchini: Cosa ti spinge ad alzare così tanto la posta in palio? 

Mistral: Semplicemente, la reazione del pubblico. Avrei potuto scegliere un palo più largo e stabile, ma l’ho scelto così stretto proprio per accentuarne la pendenza nei momenti cruciali dello show. Va tutto a servizio della reazione del pubblico, è questo che ti motiva di più e ti fa venire voglia di continuare a fare questo lavoro.

Una cosa che mi colpisce di questo spettacolo è che le persone rimangono sempre più colpite dal mio stare in piedi sul punto più alto del palo, con le mani rivolte in cielo, rispetto al momento in cui alla stessa altezza faccio la verticale, a testa in giù. Tecnicamente non c’è paragone: la verticale è mille volte più difficile. Eppure le persone si stupiscono di più nel primo caso, perché le mie mani sono libere, e in caso di caduta farei molta più fatica ad aggrapparmi al palo prima dell’impatto. Gli spettatori percepiscono quando il pericolo aumenta e ti comunicano timore ed entusiasmo al tempo stesso. Il trucco sta nel far provare loro entrambe le sensazioni, a giuste dosi.

Federica Mezza: Come scegli i volontari che chiami per assicurare la tenuta del palo?

Mistral: Nel momento iniziale dello spettacolo mi concentro e sto attento agli sguardi che mi circondano. Chi rimane più serio, chi ti concede un sorriso fin da subito. La musica mi dà una grande mano: qualcuno comincia a ballare, qualcuno tiene timidamente il tempo con i piedi, altri si nascondono per la vergogna. In questo modo cerco sempre di creare un gruppetto di persone diverse fra di loro: l’esuberante, il timido, l’imbronciato, l’impacciato, il disattento, e così via. Così mi diverto a vedere se e quanto ognuno si mette in gioco. Se fossero tutti espansivi e nessuno si trattenesse sarebbe meno divertente, perché farei molta più fatica a creare situazioni comiche fra di loro. Io do una piccola spinta a tutti, il resto vien da sé, e ogni volta lo spettacolo cambia!

foto Carolina Farina

Ali Jubran: Quando hai iniziato a fare questo spettacolo? 

Mistral: Ho cominciato a portare in giro lo spettacolo nel 2013, e col tempo è cresciuto moltissimo. All’inizio non era nient’altro che una semplice idea: quella di portare in piazza qualcosa di molto partecipativo e interattivo. Piano piano sono sempre più riuscito a dare un senso alle varie parti che oggi compongono lo spettacolo e con gli anni di esperienza ormai riesco a rendermi conto della risposta che arriva dal pubblico, e non c’è un singolo momento in cui me ne dimentichi.

Giorgio: E hai mai avuto invece degli imprevisti?

Mistral: Certo di rischi ce ne sono. A volte mi son trovato con dei volontari che hanno mollato la presa per rispondere al telefono, mentre io ero in cima a esibirmi. Riesco sempre a cavarmela, ma in questi casi la situazione si complica un pochino. Una volta ero in Germania e mi son trovato in una situazione in cui non c’erano volontari. Ero in un centro di villeggiatura dove tutti erano piuttosto anziani. Mi son chiesto come fare. Lo spettacolo doveva assolutamente andare avanti, allora ho completamente improvvisato, sono andato a un bar lì vicino e mi son portato dietro tutti i camerieri che ho trovato, scegliendo loro come volontari. Mi hanno tutti voluto molto bene, perché grazie a me sono stati costretti a prendersi una pausa. Durante lo spettacolo ho cercato di giocare molto sul loro mestiere, ed è stato molto divertente.

Ali Jubran: Quindi porti i tuoi spettacoli anche fuori dall’Italia? 

Mistral: Sì, ma per ora lavoro principalmente in Italia. Io sono cresciuto a Iquique, una cittadina del nord del Cile, ma sono pronipote di migranti italiani. Le mie origini sono quindi per metà cilene e per metà italiane. Ho scelto questo nome d’arte per far incontrare le due diverse aree del mondo da cui provengo: Mistral è il cognome della celebre poetessa cilena vincitrice del Premio Nobel, ma in francese indica anche il vento “maestrale”, e parte della mia famiglia viene da Rapallo, dove tira sempre il maestrale. Insomma, sono anch’io meticcio come voi, ma in fondo chi non lo è?

Matteo Polimanti

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