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Breathing Room di Salvo Lombardo feat. Nicola Galli, con le parole e le frequenze della RE.M

“Una paura dolce di non capire. Io ho passato davvero i miei primi cinque anni in Italia così. Per me la lingua era un problema grande. Però poi mi sono detta – ok Zara, adesso sei in questa situazione, che devi fare? – Non c’era una strada chiara da prendere, dovevo “entrare” senza lingua. Allora lo sguardo, che è molto importante per me, mi ha aiutato tanto, e anche la connessione con le persone. E sempre sono riuscita a trovarla. Sguardo fortissimo, capire la lingua del corpo, dire poco. Ho scoperto una strada giustissima, anche senza parole. Così, allo stesso modo, non ho capito le parole di questa performance, però subito sono “entrata” attraverso la musica e il corpo del danzatore, e anche le parole, così morbide, erano come musica. E il tempo dilatato della performance mi ha permesso di respirare tante volte. Per me è stata come una meditazione”. Zara Kian

Con il crepuscolo che prende piede al Parco di Torre del Fiscale e sul festival Attraversamenti Multipli, in uno spazio delineato dall’acquedotto Felice, da un albero solitario e da un piccolo sentiero, due grandi luci circolari – delle lampade al tungsteno incastonate in due porta lampada retrò – illuminano diagonalmente opposte una all’altra. E tra loro tanti cuscini appoggiati sul prato, su cui ci accomodiamo.

foto Carolina Farina


Benvenute e benvenuti nella Breathing Room, una stanza, in questo caso a cielo aperto, dove porre attenzione al proprio respiro.
Uno spazio abitato dal pubblico – che è libero di fruire dell’esperienza come vuole – dalla voce di Salvo Lombardo amplificata, e dal perfomer danzatore Nicola Galli, che disegna il vuoto con il suo corpo tra i corpi degli spettatori e delle spettatrici.
All’apparenza sembra tutto molto semplice e minimale ma poi ci rendiamo conto che la performance di Lombardo mette a dura prova lo spettatore. Richiede di lasciarsi completamente andare, nonostante ti riempia di stimoli che in totale libertà puoi scegliere se accogliere oppure no. Confonde e mette il pubblico di fronte a scelte molto individuali: quanto permetto a me stesso di abbandonarmi, non giudicare e godere di questo spazio-tempo indefinito? E quindi quanto e in che modo questa performance mi/ci ri-guarda?

foto Carolina Farina


Trasportati dalla voce di Salvo Lombardo entriamo in una dimensione meditativa, di concentrazione e di rilassamento. Nonostante la scrittura e la drammaturgia cambino spesso registro – ci dirà Salvo poi – questa performance è una meditazione orale che diventa poi un podcast performativo ma allo stesso tempo rimane una riflessione poetica. Salvo Lombardo racconta che per preparare questo lavoro ha fatto una serie di tappe di residenza alla Lavanderia a Vapore di Collegno (TO) dove ha invitato ogni giorno delle persone a portare delle pratiche di lavoro sul respiro. Mentre le mattine delle residenze erano pubbliche e aperte a chi volesse partecipare alle pratiche, durante i pomeriggi Salvo ha chiesto a colleghe e colleghi, amici artisti e non, di inviargli dei contributi di qualsiasi natura, usando qualsiasi mezzo. Parte di questi contributi erano sonori e musicali, l’altra parte erano scritti. Quindi l’intercalare nella voce registrata del ‘Caro Salvo’ all’interno della performance è una mappatura di tutti questi contributi.

Avete sentito quel momento nel quale è arrivata la voce della balena? In quel momento volevo piangere. Ancora, se mi lasciate, piango. Ho pensato a questa balena unica, chiamata “52 Blue”, che ha una voce con una frequenza di hertz diversa da quella degli altri, quindi è sempre da sola, perché non riesce a comunicare. Un gruppo musicale ha composto una musica con questa voce. Dopo ve la faccio sentire. Io faccio meditazione da tanto tempo e metto questa musica senza parole. Due anni fa, quando sono andata in Iran, un giorno volevamo dormire insieme con mia nipote Nika e io ho messo questa musica per rilassarci e mia nipote, che ha 7 anni, ha pianto. Si è connessa subito anche lei. Così come mi succede anche qui, io mi sono fatta molti amici senza parole, connettendoci, ci capiamo”. Zara Kian

https://en.wikipedia.org/wiki/52-hertz_whale

La presenza del perfomer Nicola Galli viene giustificata dal desiderio di Salvo che la Breathing Room sia abitata su più livelli, da diversi punti di vista e da più persone. Ovviamente i primi abitanti occasionali della stanza sono gli spettatori e le spettatrici, che possono potenzialmente vivere l’esperienza come vogliono: c’è infatti chi dorme, chi agisce, chi rimane fermo. Dall’altro punto di vista la presenza del danzatore vuole rivendicarne lo statuto di performance, perché questa è una performance coreografica – ci dice Salvo – e quella che Nicola ha costruito in tempo reale è una danza. Per costruire questo secondo livello era importante quindi che ci fosse la presenza di un artista del movimento, che è sempre diverso, non fa prove e soprattutto non replicherà mai. Anche l’artista scelto gestisce il suo lavoro in totale autonomia: Nicola, come tutti i/le performer che fanno e faranno questo lavoro, è dotato di auricolari attraverso i quali riceve una serie di indicazioni per continuare a costruire la sua danza che può scegliere se seguire oppure ignorare. Ha la possibilità di ascoltare e assecondare l’audio ambientale, che è quello che viene sentito anche dal pubblico, oppure le istruzioni in cuffia o nessuna delle due. Ha a tutti gli effetti una struttura improvvisata che gli conferisce la possibilità di coesistere come un’esperienza ambientale ma allo stesso tempo una performance coreografica.

foto Carolina Farina

Parlando dei vari livelli su cui si costruisce il lavoro, Salvo ci parla di tessiture. È interessante per lui vedere come i fili di due mondi, nel caso specifico il suono e il movimento, creino delle tessiture, lasciando a chiunque lo spazio anche di allontanarsene, radicalizzandone la chiusura.

Sono quaranta minuti intensi di parole scritte e veicolate in un italiano articolato e se vogliamo poetico. Per alcuni risulta difficile afferrarne il significato a volte, soprattutto quando non si ha padronanza con la lingua che si ascolta.

Words are very important for me. Le parole sono molto importanti per me. Quando ho scoperto che la performance era basata sulle parole e dato che era tutto in italiano and I don’t understand, so I am not the audience, it’s not for me? Ho deciso che non potevo comunicare e mi sono staccata”. dice Sara. Per altri invece, comprendere la lingua italiana non è stato un requisito fondamentale: “non serviva” diceva Zara. La musica, il movimento di Nicola Galli, il ritmo generale della performance ha comunque permesso agli spettatori una connessione intima ed intensa su un livello che non fosse quello del linguaggio. E questo ci porta a delle riflessioni: c’è chi davanti ad una lingua diversa dalla propria trova un muro, prende distanza, e chi invece chiude gli occhi e si concentra sul suono, sulla melodia e sul respiro. Anche se diversi, i suoni per essere emessi partono comunque da un respiro.

Giorgia Belotti con i contributi di Zara Kian e Sara Matloob

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