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Se gli ulivi del Parco di Torre del Fiscale parlano agli ulivi iraniani di Abbas Kiarostami

Sguardo 1. Lo sguardo di Deborah Ponzo, una partecipante del laboratorio Farsi Corpo e della RE.M

ll laboratorio Farsi Corpo curato da Carlo Massari e C&C Company è al suo secondo appuntamento all’interno del Parco di Torre del Fiscale, nella programmazione del festival Attraversamenti Multipli; il primo si è svolto all’interno del progetto Corpo Città curato da Margine Operativo a dicembre 2022. L’accoglienza del parco si presta da subito generosa per quello che è un lavoro di ricerca attraverso i corpi di trenta partecipanti dove l’acquedotto, la distesa della natura romana e gli ulivi ci fanno sentire liberi di correre e rincorrerci come bambini, giocare, arrampicarci tra gli alberi, sporcarci di terra e erba, ridere, manifestare suoni, stare in silenzio, stare insieme.
Dentro il caos che regna sovrano nelle nostre vite fatte di impegni, scadenze artistiche e non, call back mancati, rifiuti, progetti che faticano a partire, lavorare al parco con colleghi e corpi sconosciuti da conoscere per cinque giorni consecutivi, dilata il tempo delle mie giornate rendendolo di qualità e mi fa ridare un senso a quello che è il mio lavoro di attrice; “stare” acquisisce un altro significato che non ha nulla a che vedere con il dolore dei ritmi frenetici del bisogno di produttività. Libera di creare e lasciarmi ispirare da ciò che mi circonda.

foto Carolina Farina

Sotto la guida di Carlo Massari e Chiara Osella abbiamo conosciuto altri corpi, i nostri e quelli di altri, altre energie, alcune in contrasto con la nostra, altre in linea. Abbiamo lavorato assieme per trovare una linea comune, accordarsi attraverso il corpo senza un dialogo verbale, ricercare, trovare e lasciar evolvere, perché quando si entra a contatto con un corpo che non si conosce è molto importante concedersi tempo e avere delicatezza, rispetto e non essere precipitosi. Ripercorrendo le atmosfere del Neorealismo e di Mamma Roma che contornava il nostro immaginario abbiamo usato spazio, corpo e voce per creare una storia e lavorare sul rapporto tra sacro e profano. Uno spettatore potrebbe chiedersi su cosa si lavora per arrivare ad un ascolto comune e come si lavora a una drammaturgia condivisa che è working progress e che si scrive durante la restituzione. La risposta a questa domanda sta nel lavoro sommativo che è stato fatto nei cinque giorni di laboratorio; avere delle regole di gioco che consistono nell’accogliere il peso dell’altr, cedere il peso all’altr, essere delle volte leader e delle volte trascinat da altr, pensare al proprio corpo come una molla o un elastico che genera tantissima energia e usare con cura questa energia, riciclarla e non tenerla per sé, evitare di disperderla, chiedersi cosa serve alla scena, se serve fare o no un passo indietro e non agire mai solo in funzione di un divertimento o un gusto personale, ma sempre in relazione agli altri. Non ricercare l’estetica ma la funzionalità, stare con gli altri e sentire il metro oggettivo su cui poter basare un lavoro di gruppo, che non è mai prettamente mentale ma dove la mente è a servizio del corpo, per arrivare a questo tipo di ascolto occorre mettersi nell’ottica anche di poter sbagliare e sentirsi goffi e considerare l’errore come una grande opportunità.

Deborah Ponzo

Sguardo 2. Di Sara Matloob, una spettatrice della RE.M

گرچه می‌گویند می‌گریند روی ساحل نزدیک
سوگواران در میان سوگواران
قاصد روزان ابری داروگ، کی می‌رسد باران؟

(Nima Yooshij)

scena tratta dal film Sotto gli ulivi del regista iraniano Abbas Kiarostami

صدا مهیب ولی طبیعی بود. به صداهای پارک می‌مانست، به صدای قطار یا هواپیمایی که بگذرد. کمی طول کشید تا بفهمم نمایش شروع شده. آن‌طرف‌تر صندلی‌های خالی تماشاچیان در تضاد با جمعیت ایستاده رو به دیوار کهنه از نمایشی متفاوت حکایت می‌کردند. روی تپه ایستاده بودیم، پراکنده و رها. آنوقت صدایی انسانی به گوش رسید و به دنبالش جنبشی در آنسوی طاقی‌های دیوار پیدا شد. بدنهای سیاه‌پوش در کنار هم می‌جنبیدند و آهسته به سوی ما می‌آمدند. صدا بلندتر و بلندتر می‌شد. توده‌ی بدنها از طاقی‌ها گذشت و منبسط شد. آنها مثل جریان رود که از روی تخته سنگ یا تنه‌ی درختی بگذرد تغییر شکل می‌دادند. پیوسته در حرکت بودند، با ریتمی یکسان ولی هریک در مسیر خود. به هم می پیوستند و دوباره جدا می‌شدند. وقتی با هم به‌سوی تپه‌ی مجاور دویدند فهمیدیم که پرده‌ی جدید آغاز شده. حالا سیاه‌پوشان دایره‌وار دست در دست هم آنجا ایستاده بودند، و اگر رو برمی‌گرداندی، در پس‌زمینه‌ی آسمان رو به غروب، مرد جوانی را می‌دیدی که روی صندلی راحتی لم داده و کتاب می‌خواند. کمی جلوتر روی تپه‌ی نزدیک، زوجی کنار هم روی چمن‌ها گرم گفتگو هستند، سگی خوشحال می‌دود و چند نفری بطری به‌دست زیر سایبان کوچک نشسته‌اند. گویی نمایش بخشی از کالبد پارک است و تماشای آن گوشه‌ای از زندگی طبیعی آدمهایی که به پارک می‌آیند. اما همزمان نمایش زندگی دیگری را روایت می‌کرد، و مرگ را هم. وقتی آسمان به رنگ آخرین درخشش پیش از غروب درآمد، رقصندگان به‌سوی بلندترین تپه دویدند تا تاریکی لباسهاشان در روشنی آسمان قاب شود. بعد از آنجا به‌طرف زیتون‌زار سرازیر شدند. و من پرت شدم به زیر درختان زیتون، به رودبار با بادهای وحشی و داستان‌های عاشقانه‌اش. به سرزمین مادری‌ام.

The sound was too loud but natural. It was like the sounds of the park, like a train or a plane passing by. It took me a while to notice that the show had started. The empty seats of the spectators, in contrast to the standing crowd facing the ancient wall, introduced a different show. We were scattered freely on the hill. Then some human voices were heard, followed by a movement behind the arches of the wall. The bodies in black were moving together and slowly coming towards us. The voices were getting louder and louder. The mass of bodies passed through the arches and expanded. Their shapes changed like a river flowing over a rock or a tree trunk. They were constantly moving, with the same rhythm, but each in their own way. They would join together and separate again.
When they ran together to the nearby hill, we knew that the new act of the show had begun. Now the dancers in black were standing there in a circle, hand in hand. And if you would turn around, against the background of the sunset sky, you could see a young man leaning in a folding chair reading a book, a couple chatting on the grass side by side, a happy dog running, and a few people are sitting under a small gazebo with bottles in hand. As if the show was part of the park’s body and watching it was part of the natural life of the people there, while the show itself was narrating another life and even death. The dancers rushed to the highest hill as the sky became glowing with the last light of the day. Now the darkness of their clothes was framed by the shining sky. Then they flowed towards the olive grove. And while they were disappearing behind the branches, I was thrown Under the Olive Trees, to Rudbar with its wild winds and love stories, to my motherland.

foto Carolina Farina

Sguardo 3. Di Zara Kian, una spettatrice della RE.M

موسیقی در بدو شروع من رو به شدت به خودجلب کرد، آوایی از سحابی که من بسیاری مواقع در خلوت خودم گوش می دهم و من رو با سرعت به اصل و منبع وصل می کند.
بدن ها بسیار نرم و آرام شروع به حرکت کردند ، هماهنگی بین «تن ها» زیبایی بصری فوق العاده ای را به همراه داشت و بیننده را مشتاق می کرد که بداند این روایت به کجا ختم خواهد شد.

روایت تن ها ، روایتی زیبا و با شکوه از حرکات و رقصی بود که گویای شادی، انزوا، غم و‌گفتگو بود.

جزیره هایی متحرک و موزون که اتصال ریشه ها و پیوستگی شان در لحظه لحظه بسیار مشهود بود.

با تمام اینکه «دبورا » گفته بود که در اجرای فینال تعدادی از افراد را برای اولین بار می بیند و در کنارهم این رقص را انجام می دهند، اتصال ذهنی و منتالی و شهود آنها به یکدیگر بسیار نمایان و بارز بود.

وهمین ویژگی (اتصال ذهنی) باعث خلق یک اختتامیه ی باشکوه برای بیننده و یک اختتامیه ناشناخته و در لحظه و جاری برای رقصندگان شد.

پخش شدن بدن ها در فرم ها و شکل هایی نرم و خمیده بین درختان در غروب خورشید تصویری بی نظیر را شکل داد و من را در خود غرق کرد مثل خلسه ای که نمی خواهی از آن خارج شوی.

La musica mi ha preso con forza dal principio: il suono della nebulosa che spesso ascolto in solitudine mi fa connettere, in pochi istanti, all’origine e alla fonte delle cose.

Poi i corpi hanno iniziato a muoversi. Lentamente. La loro armonia era di una bellezza straordinaria, tanto da riempire chi guardava della voglia di arrivare fino alla fine di quel racconto, fatto di danza e movimenti, che mi parlava di felicità, isolamento, tristezza e dialogo. Isole ritmiche in movimento, la loro connessione con le radici e la loro fluidità emergeva in ogni istante. Anche se quelle persone si erano appena incontrate e non avevano mai danzato insieme, si vedeva che si muovevano con grande intuito/ascolto e che tra loro c’era una connessione mentale molto evidente. E questo aspetto – la connessione mentale -ha generato un momento di abbandono all’ignoto, radicato nel presente. I corpi che si sparpagliano tra gli alberi al tramonto, disegnando forme morbide e curve: sono stati un’immagine in cui sono annegata, come in una trance da cui non vuoi più uscire.

foto Carolina Farina

Lo sguardo della RE.M Attraversamenti Multipli 2023 dopo aver visto: