Look me inside di Giovanna Velardi negli occhi di Yaya Traore e Clara Lolletti

foto Carolina Farina

Prima serata della ventesima edizione di Attraversamenti Multipli. A Largo Spartaco Giovanna Velardi, danzautrice, si esibisce con la sua performance Look me inside. Sui cartelloni del festival è stampato il tema che dà il sottotitolo al Festival: Everything is connected. Connessione tra cosa? Forse tra lingue, italiano, inglese e francese come nella performance di Velardi. O forse tra persone, come tra me e Yaya, tra me e Clara, pubblico meticcio di un festival che connette spettatori e artisti e piazza.

Abbiamo chiesto a Giovanna Velardi perché avesse scelto il titolo inglese, Look me inside, mentre il testo interpretato era francese e ci ha raccontato che il nome nasce dal costume di luce che indossa, realizzato per lei da Concetta Guercio per la sua tesi all’Accademia di Belle arti di Palermo. Lo hanno intitolato Look me inside, guardami dentro. Come un invito a guardare la luce che ognuno ha dentro sé. Il testo invece è in francese perché Giovanna Velardi ha vissuto per tanti anni in Francia, dove ha lavorato molto su se stessa. «Per me il francese è la lingua emotiva» ed è l’unica lingua con la quale riesce veramente ad esprimersi.

In questo c’è forse un po’ di provocazione: ci saremmo potuti aspettare, in Italia, un testo in italiano, e invece no: lo ha fatto come voleva lei, non come avrebbero voluto gli altri.

Con il suo abito illuminato, come una lucciola danzante tra i lampioni spenti di Largo Spartaco, si è rivolta direttamente a noi spettatori provocandoci, invitandoci a ‘’guardare dentro lei’’, a distruggere la paura e l’imbarazzo e a stabilire una connessione. Tu veux pas dansé? Tu as peur? Tu as peur du noir? Mais c’est quoi le noir alla fin? C’est seulement l’absence de lumière. Mais la lumière c’est toi. Ci ha chiamati a condividere il suo spazio scenico e a ballare insieme a lei, liberando il nostro corpo dall’abito di pregiudizi e preconcetti di cui ci veste la società che spesso ci impedisce di osare nell’espressione.

foto Lucrezia Odino

«Di solito io il pubblico lo prendo, faccio contact. Anche questa è una provocazione, chiedere di afferrarmi, di afferrare l’altro, osare. A volte l’altro ha bisogno di essere spinto perché forse si vergogna».

La vergogna. La società che ci impone determinati comportamenti facendoci arrivare a provare imbarazzo, senza motivo, anche per sentimenti naturali come la gioia e la tristezza. Un uomo, per esempio, può piangere? O deve mostrarsi forte perché il pianto non è socialmente accettato come espressione virile? Nella mia famiglia, in Mali, siamo cresciuti con l’idea che quando un uomo perde una madre, un genitore o qualcuno di caro, non deve piangere perché le lacrime fanno male al defunto. Ma perché? Siamo esseri umani, esiste il pianto come esiste il riso, perché l’uomo deve avere paura di piangere?

Look me inside, ripetono Giovanna e il suo abito, contro chi e cosa oscura la nostra luce interiore come se fosse un tabù. Tirare fuori le nostre emozioni senza provare paura e vergogna e senza pensare al giudizio della gente, sicuramente ci fa sentire meglio. E la danza è una delle possibilità attraverso cui esprimerci e raccontare di noi agli altri.

Et puis j’ai connue quelq’un qui m’a fait brillé, regarde je peux mettre ma main dedans, sais moi meme, je peux rire, pleurer tomber à terre, tout cela parce que je suis la lumière.

Oggi, in un momento in cui la distanza sembra disconnetterci gli uni dagli altri, abbiamo ritrovato il senso della connessione. Possiamo essere vicini anche ad un metro di distanza se ci mostriamo senza filtri e permettiamo agli altri di guardare la luce che abbiamo dentro.

Clara Lolletti e Yaya Traore

foto Carolina Farina

LOOK ME INSIDE

Coreografia e interpretazione: Giovanna Velardi
Costumi: Concetta Guercio
Luci: Danila Blasi
Musiche: John Tavener, Feder HD, Joao Gilberto
Testo: Giovanna Velardi
Una produzionePINDOC
Con il contributo diMIBACT, REGIONE SICILIA
Con il supporto diSCENARIO PUBBLICO, WORKSHOPS OURAGAN

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