Diario di bordo
Giorno 6 di navigazione
Oggi la nostra rotta ci porta alla periferia Sud-Est di Roma, in uno di quei quartieri in cui “nun ce devi annà a vive” perché inizia con la parola “torre”: Torpignattara. Se nei porti del centro, si chiedono informazioni di tali luoghi, di cui tanti non conoscono la collocazione sulle carte, ci si sente rispondere con sdegno e il naso arricciato che da quelle parti è meglio non addentrarsi “sta pieno de immigrati, lassa sta”.
A Torpignattara vive Shazad, un ragazzo pakistano. Viene ammazzato di botte da un minorenne romano durante un giorno come tanti altri.
Tiziano Panici e Aleksandros Memetaj ci trascinano con forza all’interno di una realtà difficile: la condizione dei migranti nelle periferie romane, come e perché si siano radicati in alcuni territori specifici. Uniscono i puntini di un disegno complesso.
Ci raccontano un’ingiustizia: l’omicidio, e un’ingiustizia ancor più grave l’uso strumentalizzato dell’informazione, l’edificazione capillare di un confine netto e doloroso che separa noi da loro. Shazad è morto quel giorno del 2014, ma può continuare a morire ogni giorno se non si ha cura della Verità e di come la si racconta. Per
ché le parole, vanno scelte con attenzione, ripulite, avvicinate l’una all’altra con cautela.
Di questa storia annoto un promemoria rapido ma denso: che non mi capiti mai di navigar per mari estranei e decida per facilità, per difesa, di mettermi al di qua di un muro. Che non mi capiti mai di distinguere noi da loro. Che non ceda mai alla generalizzazione.
Quando il mare ti porta ad ascoltare racconti del genere c’è solo un modo di ricompensarlo: con l’Impegno, con il Ricordo e con la Gratitudine.
Beatrice
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