Alla Biblioteca interculturale Cittadini del mondo, per riflettere su lingua, cultura e per la mostra fotografica Storie di quartiere

foto Zakaria Mohamed Ali

Quando si rimane chiusi nel proprio mondo, senza imbattersi in chi non ne fa parte, senza sbirciare con avida curiosità nelle vite degli altri, si corre il rischio di dimenticare che oltre alla propria realtà, alla propria cultura di appartenenza, molte altre realtà e culture sono possibili, e che comprendere la vera essenza di tutto ciò che è culturale equivale ad accorgersi del fatto che non c’è nulla che possa appagare una volta per tutte la nostra sete di conoscenza. Siamo tutti come destinati ad una sorta di salvifica ignoranza, che ci spinge sempre più ad incontrare il diverso e a misurarci con esso.

La Biblioteca interculturale dell’associazione Cittadini del mondo, poco distante dal Largo Spartaco, in viale Opita Oppio, 41, nel cuore del Quadraro, a pochi metri da dove le performance di Attraversamenti Multipli dialogano con il quartiere, è lì a ricordarcelo. Biblioteca nata nel novembre del 2010 dal desiderio di un padre eritreo di voler raccontare al figlio una storia nella propria lingua di origine. Da qui l’esigenza da parte di tutti i volontari dell’associazione, nata nel 2002 con l’obiettivo di contrastare qualsiasi fenomeno di discriminazione ed esclusione sociale, di recuperare le radici di quante più culture possibili, dotandosi di svariati libri in lingua originale provenienti da diverse parti del mondo, perché, come scritto nel report 2017/2019 della biblioteca, “il patrimonio culturale di ciascuna persona, sia essa italiana o straniera, va coltivato e mai dimenticato, pertanto leggere libri nella propria lingua e reperire materiali appartenenti alla propria cultura d’origine costituiscono valori irrinunciabili”.

foto Luca Lòtano

Questo a dimostrazione del fatto che per preservare una qualsivoglia cultura occorre prima prendersi cura della lingua che l’ha generata, che ne ha reso possibile ogni singola manifestazione, determinandone contenuti e valori. Lingua senza la quale, come ci ricorda una bellissima poesia di Ignazio Buttitta, “un populo / diventa poviru e servu”. Noi della redazione meticcia siamo perciò convinti che non può esistere cultura senza una biblioteca che ne conservi rispettosamente ogni possibile testimonianza.

Per tutta la durata della visita, davanti ad ogni scaffale, nessuno di noi ha potuto fare a meno di chiedersi se questo o quel libro avesse potuto parlargli/le, quante e quali storie avesse avuto da raccontare, abbiamo tutti provato anche solo ad immaginare in quanti ci avessero preceduto nel prenderlo in – o meglio per – mano, nello sfogliare le sue pagine, silenziose custodi di innumerevoli storie e memorie.

foto Clara Lolletti

Una biblioteca, dunque, è il luogo che più di ogni altro garantisce l’incontro e il confronto con il diverso, il luogo dell’interculturale, un luogo aperto dove chiunque è ben accetto. Non è scontato ribadirlo di questi tempi: la ancora recente quarantena che ci ha letteralmente tutti costretti dentro casa ha rischiato di allontanarci gli uni dagli altri, di ridurre le nostre vite alla propria vuota individualità. È stata la mostra fotografica Storie di quartiere, curata da Marciapiedi street photography expo ed esposta negli spazi della biblioteca, a suggerirci quest’ulteriore considerazione. La riflessione visiva sugli spazi resilienti del Quadraro durante la quarantena sanitaria ci ha permesso di cogliere ancora più in profondità l’importanza e la necessità della relazione sociale con l’altro, portandoci a gioire di quegli stessi attimi che tutti insieme stavamo condividendo, attimi riconquistati con tenacia dopo mesi difficili. Cerchiamo allora di sfruttare al meglio la lezione dell’ancora vigente distanziamento sanitario (non sociale! – come ci ha ricordato il danzatore Carlo Massari qualche ora più tardi la nostra visita alla biblioteca), e cioè di tenere bene a mente che nonostante le difficoltà del momento dobbiamo tutti restare in connessione gli uni con gli altri… Everyone is connected!

Zakaria Mohamed Ali e Matteo Polimanti

L’attesa. 29 aprile. foto Umberto Tati – Marciapiedi street photography

“Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo. I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà: niente somiglierà più a quel che era”. Georges Perec

Qui, gli altri attraversamenti del territorio del festival Attraversamenti Multipli:

Lucha y Siesta. L’accoglienza è culturale

Garage Zero e CSOA Spartaco. Site-specific, allenarsi allo spazio

 

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