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In cammino seguendo il filo dell’esplorazione urbana curata da DOM – , Non è la fine

foto e grafica Ornella M. e Francesca Nebbia

La città è fatta dei posti che attraversiamo d’abitudine e i loro sfondi. Questi sfondi, non sempre ci accorgiamo che sono anch’essi attraversabili. Ancora di meno ci accorgiamo che per attraversarli bastano i piedi. Col collettivo DOM-, che ci ricorda che gli individui sono come linee mobili nello spazio, in tanti, abbiamo mosso i primi passi per bucare sfondi, verso Sud, partendo dal Parco di Torre del Fiscale e dal festival Attraversamenti Multipli con l’esplorazione che nasce come proseguimento del percorso artistico iniziato da Dom- all’ interno del progetto Corpo – Città curato da Margine Operativo.

foto e grafica Ornella M. e Francesca Nebbia

Spesso, questi sfondi sono tratti incolti – verdi, gialli o neri bruciato – che connettono quartieri distanti. Cavalcavia. Zone di carico e scarico di giganti commerciali. Il margine del G.R.A.

foto e grafica Ornella M. e Francesca Nebbia

Gli sfondi durano kilometri. Kilometri che il piede umano si è evoluto per percorrere; ma nelle città che il piede umano ha costruito, spesso ce ne si dimentica. Con qualche ora di cammino arriviamo da Tor Fiscale a Tor Vergata, raccogliendo la Romanina, per tragitti ignorati dal percorso a piedi di Google Maps. Viziati dalla città, molti da soli avrebbero sentito la fatica e perso il senso dell’ostinarsi a penetrare i vuoti della periferia già dopo qualche minuto. Ma il gruppo ha dato ritmo al passo, dosato il respiro, e svelato, scoperta dopo scoperta, la meta finale. Gli sfondi portano sempre da qualche parte. Gli individui, nell’attraversarli, srotolano un gomitolo che li cuce tra di loro e al percorso. È un concetto che ci illustra l’artista Ozge Sahin, che cammina e sbriglia la matassa con noi (https://ozgesahinart.com/).

Francesca prova a raccogliere pensieri comuni in una sola voce interiore che ci narri il culmine della passeggiata.

Seguo chi mi sta davanti e poi mi giro c’è ancora qualcuno dietro…ma comunque non lo lasciamo indietro. Quella linea che ci collega ci porta non so dove ma é bello. Poi una musica. Mi giro, il mio compagno vicino sorride. E così via, ogni tanto si sorride, si chiacchera. E in questa leggerezza comincio a sentire che un obiettivo comune forse ci attende alla fine del viaggio.

foto e grafica Ornella M. e Francesca Nebbia

Scena dal film Leviathan di Andrej Zvjagincev, 2014

Mi accorgo, guardando l’enorme struttura abbandonata che raggiungiamo, che mi torna in mente il film Leviathan (Andrej Zvjagincev, 2014). Il titolo rimanda al mostro marino della Bibbia, ma anche al Leviatano di Hobbes (che nel film viene mostrato con un grande scheletro bianco che nelle forme mi ricorda molto la nostra vela in questione). Che poi sarebbe lo Stato, mostro indomabile, padrone dell’uomo e del suo destino. Mi viene da sorridere, allora, se penso che i grandi mostri della speculazione edilizia ci accompagnano da generazioni nella nostra storia di esseri umani, e a quanta libertà e natura ci viene sottratta. Non solo ci viene sottratta anche una somma ingente di denaro pubblico, ma ci viene tolta parte di città…e viene offerto ogni giorno ai nostri occhi uno spazio, urbano e non, occupato da corruzione e speculazione.

foto e grafica Ornella M. e Francesca Nebbia

Poi dall’altra parte penso a quante cose quello scheletro potrebbe accogliere…e allora sento intorno a me altre voci fantasticare: su quanti soldi possano essere 240 milioni – quindi la difficoltà di immaginarli; sui compromessi del radere al suolo e su quelli del riutilizzo; su come, appunto, ognuno avrebbe utilizzato quello spazio. E fantasticando…tu, che leggi ora, cosa ci vedresti?

Siamo riusciti a bucare gli sfondi, andata e ritorno, conoscendo lo spazio ignorato che è pure parte fissa del paesaggio noto. Uno slancio da trasformare in pratica quotidiana, che restituisce una maggiore consapevolezza del fatto che siamo un ricamo di fili sociali ed economici intrecciati nella trama del territorio.

Ornella M. e Francesca Nebbia

Dopo aver partecipato con il laboratorio di visione interculturale RE.M a: