Attraversamento 1. CIRCO RASOTERRA / La balena volante
“É normale….oggi questo è normale, è normale essere gentili, stupidi, oggi a Largo Spartaco tutto questo è normale”

foto Carolina Farina
Queste frasi riecheggiano nella mente degli spettatori alla fine dello spettacolo La balena volante della compagnia di circo contemporaneo Rasoterra, nata a Bruxelles e che si presenta come un salto, un tentativo di decollo, una sfida ai nostri piedi incollati al suolo. La compagnia ha scelto di predisporre la platea in un cerchio tracciato da una linea bianca, niente angoli, niente spigoli. Tutti ce ne sentiamo parte. Lo spettacolo proposto da Claire Ruiz, Alice Roma e Damiano Fumagalli vede corpi non standard ballare, giocare, trasformarsi, bisticciare, prendere sembianze di animali. Vede una bicicletta con un solo sellino abitata da tre performer e tutti e tre con leggerezza e armonia animano e si lasciano animare dal veicolo a due ruote; ci stupiscono con acrobazie, o forse no, perché oggi tutto è normale, anche salire sulla testa di due persone! Anche deformarsi! É normale non capirci niente!
Lasciar parlare prima di tutto i corpi, per me che sono qui con le studentesse della scuola di italiano della Biblioteca Interculturale Cittadini del Mondo e con i loro figli, è una grande possibilità di comunicazione. Il circo e l’acrobatica riescono a conquistare con immediatezza e velocità tutta Largo Spartaco, con linguaggi e tematiche che sono universali e rimandano il pubblico a un immaginario collettivo fatto di possibilità.
Perché si, è ancora possibile perdersi, è possibile attraverso l’atto ludico allenarsi all’inclusione e alle possibilità. Deborah
Hassan, 10 anni: “Erano in tre in bicicletta e andavano veloci. Vedere la bicicletta mi ricorda il Parco dei Consoli, ci andiamo sempre, quattro volte a settimane, mi porta lì mia mamma. Io vado lì con la mia bicicletta nera, anche di inverno. Lì ho imparato ad andare in bici, ma io non sono mai andato in tre! “
Shahanara, letta da Deborah
Il circo!
In tre sulla moto:
fantastico.
Sulle spalle, pedalavano
senza paura,
sulla spalla
una sola, stavolta.
Ancora, in due,
seduti audacemente
e audacemente di gioia esplode
il pubblico.
Janatul: mi è piaciuto vedere gli acrobati dal basso verso l’alto
Tamanna: শুভ সন্ধ্যা ,আমি তামান্না সুলতানা,ঐ দিন সার্কাস এর মধ্যে যে দৃশ্যটি আমার কাছে খুব সুন্দর লেগেছে আমি এখন বাংলা ভাষায় তার বর্ণনা দিচ্ছি !! প্রথমে একজন মহিলাকে একটি ভিন্ন ধরণের পোশাক এবং একটি সাদা রঙের টুপি পরিয়ে দেওয়া হয়েছিল, টুপি টি দেখতে অনেকটা সাদা পাখির পালকের মতো লাগছিলো ,তারপর দুজন লোক ঐ মহিলা কে কাঁধে নিয়ে সাইকেল চালাচ্ছিলো ,তখন আমার কাছে মনে হয়েছিল একটা বড় সাদা পাখি ডানা মেলে আকাশে উড়ছিল, এই দৃশ্য টি আমার কাছে অনেক সুন্দর লেগেছে এবং আমি অনেক উপভোগ করেছি !! ধন্যবাদ সবাই কে , শুভ রাত্রি !!!

foto Carolina Farina
A una donna del pubblico è stato dato un cappello bianco e messo un vestito particolare. Il cappello somigliava alle piume di un uccello bianco. Poi i due performer sulla bici l’hanno presa e l’hanno tenuta a braccia tese sopra la loro testa. Mi e’ sembrato che un grande uccello stesse volando nel cielo. Sembrava così leggera. Io non sono mai andata in bicicletta ma se tu ne hai una e guidi, con te ci salgo”.
Julio: In Italia non pensavo si usassero tante bici, fino a quando ho iniziato a lavorare come meccanico di bici. A Cuba tutti dobbiamo fare lavori di meccanica sulle biciclette sempre, è un abitudine. Invece di prendere l’autobus, abbiamo dieci bici a famiglia; così non spendi soldi e risparmi in benzina. Tutti i genitori ti insegnano a sistemare la bicicletta perché quando esci per strada non trovi un posto per sistemarla, devi aggiustarla da solo. Così, quando sono arrivato in Italia ho iniziato a lavorare a Monteverde come meccanico di bici elettriche e a pedali; ho lavorato lì per un anno. Con il Covid ho visto quanti italiani hanno comprato una bici, ne abbiamo vendute tantissime. Le aziende si sono bloccate, erano finite le bici!
L’equilibrio è tutto. Pensavo questo durante tutto lo spettacolo.
Attraversamento 2. MARGINE OPERATIVO / Memorie dal sottosuolo

foto Carolina Farina
Il monologo-confessione Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij scritto nel 1864 – e riscritto nel dispositivo drammaturgico diretto da Paco Graziani – ci trascina dentro Garage Zero, lo spazio sotterraneo del festival alle spalle del Boomerang. La discesa della rampa, l’illuminazione dello spazio di Marco Guarrera, ci calano nell’atmosfera del viaggio all’interno del personaggio. Ce lo troviamo davanti, esce ed entra nel corpo del performer Yoris Petrillo; tutto attorno i suoni di Dario Salvagnini soffiano nello spazio bianco..

foto Carolina Farina
Attraverso la danza, l’interpretazione del testo originale, le parti di critica e riflessione sulla visione di Dostoevskij, ci viene presentata l’angoscia, il desiderio di autodistruzione e tutta la parte più oscura che l’uomo preferisce disconoscere. Agire le parole, questo fa il performer, e questo proviamo a fare noi. La performance ci sbatte dentro e fuori il testo del 1864, e da quello “scriviamo” ciò che lo spettacolo muove in noi, come pubblico. Usiamo la tecnica del caviardage, l’elaborazione di una poesia partendo da un testo già scritto, in questo caso, dall’ultima pagina del romanzo, cancellando parti di esso e ritrovandone altre. In un processo ben definito ne ricostruiamo il pensiero, così come Margine Operativo si confronta con il pensiero dello scrittore russo.
In quanti modi possono prendere vita le parole? Quali suoni e spazi possono ancora e ancora evocare? Io (Anna) ed Elena, diamo due diverse interpretazioni dello spettacolo, non partendo dalla pagina bianca ma dal testo già scritto: quel testo che Yoris Petrillo tiene in equilibrio sulla testa, in una lotta sfiancante con sé stesso.

Anna – Caviardage a partire dall’ultima pagina di Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij –
Che cos’è meglio
rimorsi
angoscia
ricordare
un errore
una punizione
il vano risentimento
l’autentica vita vera
stravaganti richieste
voi non avete osato
ingannando voi stessi
Lasciateci soli
siamo nati morti
ci prendiamo gusto.

Elena – Caviardage a partire dall’ultima pagina di Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij – Elena
Uscito di corsa
a metà strada
incontrai
queste “memorie”.
Ho provato
a raccontare
lunghe storie su come
sentiamo
l’autentica vita
quasi una fatica
in cuor nostro
che cosa chiediamo?
Lasciateci
essere uomini – uomini
con un corpo
e sangue vero
nostro
essere
vivi.




