Beautiful borders di Margine Operativo con Francesca Lombardo in scena ad Attraversamenti Multipli

es.pongo di Giulia Lannutti

George Floyd vive. Questa è la scritta che si legge al fondo di uno spazio scenico ancora vuoto, prima dell’inizio di Beautiful borders di Margine Operativo. La danzatrice, Francesca Lombardo, entra portando con sé una busta di carta e accompagnata da una voce fuori campo. Questa racconta delle abitudini mattutine di un occidentale che si sveglia, beve il caffè usato per primi dagli Abissini, magari in una tazza di ceramica, che è un materiale inventato in Cina. E forse si mette anche una cravatta, un’usanza nata in Croazia nel 700. Cosa fa della nostra identità, la nostra identità? Le nostre abitudini, i nostri usi non sono il prodotto dell’incontro di tante storie diverse? In cosa ci riconosciamo? E cosa permette agli altri di riconoscerci?

foto Carolina Farina

Lombardo è vestita di stracci, porta un lungo cappotto e un cappello largo. Gli occhi statunitensi di Jack Spittle che è a fianco a me vedono, in questa figura, l’immagine di un qualsiasi George Floyd americano, quelli miei, italiani, vedono un individuo qualunque, forse uomo, forse donna.
La danzatrice comincia muovendosi a scatti, come fosse una marionetta guidata da una mano distratta, che la sballotta ovunque nello spazio. L’individuo appare così svuotato e privato di qualsiasi forma di identità e di dominio del proprio corpo, in balìa di chissà quale forza. Poi la danzatrice si ferma e tira fuori dalla tasca una mela. La mangia. Un gesto che, nella sua banalità, ci riporta ad una condizione umana, fatta di carne, ossa e fame. Ma non per questo la danza cambia ritmo: la danzatrice continua a muoversi con gesti repentini, come a volerci dire che pur essendo umani, pur avendo fame e pur mangiando, gli stracci ci rendono comunque vuoti, privi di identità e irriconoscibili. A quel punto Lombardo, con movimento secco, infila la testa nella busta di carta che era rimasta appoggiata a terra, si toglie il cappello e si alza con il viso coperto da una folta chioma di capelli. Una volta spostati i ricci possiamo vederne finalmente il volto, intuiamo già che il soggetto è donna. Continua sfilandosi il cappotto e i pantaloni larghi di tuta e rimane lì ferma con un vestito. Si mette anche il rossetto. Ora la vediamo: è una ragazza, è bella, è curata. La riconosciamo. Quello che prima era un individuo qualunque, disumanizzato, invisibile, diventa qualcuno per noi, assume dei tratti. Non basta avere fame e un corpo per essere riconosciuti, per avere un volto definito e una testa: servono una bella gonna e un po’ di trucco.

E dunque, è così necessario rispettare dei canoni affinché gli altri possano vedere in un individuo una persona?

foto Carolina Farina

Il pensiero di Jack si ferma sulla casualità di quella scritta proprio dietro lo spettacolo, su George Floyd, sul bordo della piazza, su chi magari sul bordo di una strada, oltre a non essere riconosciuto, viene ucciso:
È stato estremamente difficile per me vivere a Roma la quarantena mentre a casa mia, negli Stati Uniti, era esploso il movimento Black Lives Matter. E non era più la mia precarietà (o la mia scelta?) a farmi rimanere qua, ma la pandemia e la conseguente chiusura dei confini. Mentre lì, lo sconfinamento. Cercavo di seguire le cose da lontano, leggevo gli articoli, analizzavo le foto che uscivano dalle proteste, guardavo i video, scrivevo ad amici, ma niente poteva compensare l’assenza del mio corpo. Allora ho cercato di farmi carico di quell’energia, di spargerla qua in Italia, e per un po’ ci riuscivo. Ma come ci sono masse e moti c’è anche l’inerzia, e ormai procedo a scatti. Beautiful Borders è stato un promemoria di quell’originale carico energetico. Mentre la danzatrice lasciava lo spazio scenico, ora fattasi donna, fiera con la sua busta di carta, io ho pensato ad un vecchio amico mio, nero, nuovamente politicizzato come tantissimi altri, e a quella specie di haiku spontaneo che ha lasciato su Facebook la mattina seguente alla sua prima protesta: 

our youth
real life
hard body

ed è uscito poi per la seconda.

Giulia Lannutti e Jack Spittle

es.pongo di Giulia Lannutti

BEAUTIFUL BORDERS

ideazione Pako Graziani e Alessandra Ferraro
regia Pako Graziani
coreografie Francesca Lombardo
performer Francesca Lombardo
sound designer Dario Salvagnini
voce Tiziano Panici
produzione Margine Operativo
coproduzione Attraversamenti Multipli, Compagnia di San Paolo nell’ ambito di “ORA! Linguaggi contemporanei Produzioni innovative”

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